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Tutti ricordano l'estate della maturità, non faccio eccezione io, ora che ci penso non mi toccarono né  olimpiadi, né mondiali  e neppure europei di calcio. Era l'anno dell'Expo, la fierona che avrebbe dovuto insegnarci come sfamare il mondo, ma sembrava aver un po' smarrito l'obiettivo strada facendo e si preoccupava solo di far comprare cibo ai suoi visitatori. Il mondo, del resto, razzolava tra una guerra e l'altra, generando esodi biblici, ma a diciannove anni quella non è la preoccupazione principale, l'aria che si annusava non era buona è vero, e molti tra i miei amici mettevano in conto la possibilità di dover andare all'estero a costruirsi il futuro che questo pezzo di mondo non sembrava più offrire, non a noi almeno, che saremmo andati ad ingrossare le fila di una umanità senza radici e senza terra. Fu un'estate  rovente, quello è impossibile dimenticarlo, ma per fortuna il caldo arrivò quando ormai gli esami erano finiti. La gente si trascinava stanca, brutta, sudata, da un luogo refrigerato all'altro. Chi non aveva il condizionatore, o almeno uno straccio di ventilatore, si riconosceva dalle occhiaie magnificamente scolpite dall'accumularsi delle notti insonni. Non c'era ormai una sola estate che somigliasse a quelle della mia infanzia, quando facevo ben tre vacanze: quella con papà, quella con mamma e quella coi nonni in campeggio, la mia preferita. In quelle estati bambine con i nonni si facevano le grigliate, si chiacchierava tanto -io chiacchieravo tanto - perché i nonni amavano starmi ad ascoltare, quasi che fossi un cantastorie, e mi sentivo grande e partecipe. Le estati ai tempi della maturità invece erano tutte troppo: troppo piovosa, troppo calda, troppo fredda, sempre fuori scala insomma, quelle cose che aumentano il senso di precarietà. Io la ricorderò come la prima estate senza il nonno, perché se n'era andato nel mezzo dell'estate precedente. Un'estate però che si era vestita a lutto per la sua assenza e si era finta autunno. Ancora mi pare impossibile che non ci fosse la mattina in cui vidi i quadri e ci lessi su un 92, so che gli si sarebbe gonfiato il petto per orgoglio riflesso: lui non aveva potuto studiare. Mi rendeva così felice andare bene a scuola, fosse anche solo per vedere il suo sorriso celato malamente sotto i folti baffi. Qualche anno è passato da allora ed alla fine pur allontanandomi per un periodo durante l'università (e di quell'anno potrei raccontarvi ogni amore presunto, ma avrei qualche difficoltà col conteggio delle birre) sono riuscito a rimanere qui, con le radici dentro alla mia terra. Ieri sono stato a casa di nonna, ora come allora ogni scusa è buona per farmi viziare dalla sua cucina e dalle sue attenzioni. L'unico posto al mondo in cui nel varcare la soglia si spegne spontaneamente il cellulare, perché così lei decise tanti anni fa, una rinuncia, in nome del convivio, a cui tutti si prestano ormai volontariamente. Ricordo che in quell'estate, prima di partire per la vacanza delle vacanze, nonna disseppellì, da un cassetto del nonno, una foto che per anni era stata tabù. Nella foto c'eravamo la mamma, il papà ed un io molto piccolo.  Papà e mamma, come mi ha fatto notare la nonna, si guardano inequivocabilmente con amore. Nonna me l'ha incorniciata e me l'ha regalata dicendo che il nonno aveva preservato quello scatto dalla furia devastatrice della mamma quando si era compreso che, quel bambino arrivato troppo presto, quando lei stessa era ancora una bambina, l'avrebbe cresciuto da sola, o meglio con l'aiuto della sua famiglia, perché il tentativo di reinventarsi adulti insieme, di mamma e papà, era fallito. Nel consegnarmi la foto incorniciata, nonna mi disse: "perchè non dimentichi mai che non sei un errore, ma il frutto di un vero amore, anche se l'amore di due ragazzi, che probabilmente dovevano ancora capire come si diventa grandi". Quel gesto di affetto lo ricordo come fosse oggi, meglio di qualsiasi altro dettaglio; mi fece diventare grande, più di un voto su un tabellone.


Per M, L e G che da qualche parte gongola sotto i baffi

Commenti

  1. Che bellissimo racconto. Che emozione alla fine.
    Grazie di averlo condiviso.
    Tiziana

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  2. Emozione! Così bello che ho rinunciato volentieri agli adorati link :)

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  3. Grazie, veramente grazie di questo racconto che canta bene gli intrecci della vita.

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  4. Bel momento, che sembra oggi, ma potrebbe essere ieri, direi scritto bene, fosse il tema della maturità prenderesti un bel voto (di più di 92).

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  5. Dolcezza infinita; gli echi e le risonanze dell'amore sul volto dei propri genitori, che sia esso vissuto, o spiato, o immaginato, o raccontato, non può lasciare indifferente, perché è ciò che ci conferma come persone, degne di abitare in questo difficile mondo.

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  6. Che dolcezza, Amanda. E come sei brava a guardare il mondo con gli occhi degli altri :-)

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  7. Ci arrivi con il sorriso alla fine e anche con un po' di malinconia. Lo farò leggere a Giulia che ha fatto la maturità proprio quest'anno :)
    Ha ragione Silvia, sai metterti nei panni degli altri ed è sicuramente un pregio. Baci.

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